di Emilia Russo
Partendo dalla testimonianza raccontata qui:
https://www.mammematte.com/2024/11/29/aveva-visto-la-mamma-e-il-pap%C3%A0-insieme-dopo-tanto-tempo-ma-non-era-come-se-lo-era-immaginata/
parliamo degli incontri protetti.
Cosa sono gli incontri protetti?
Gli incontri protetti rappresentano un intervento delicato e complesso, mirato a garantire e sostenere il mantenimento della relazione tra il minore e i
suoi genitori biologici in situazioni caratterizzate da grave pregiudizio o da dinamiche familiari altamente conflittuali, come separazioni, divorzi o contesti di violenza
intrafamiliare.
In queste circostanze, l'Autorità Giudiziaria competente (Tribunale Ordinario o Tribunale per i Minorenni) può decidere di predisporre incontri tra il
minore e il genitore (o entrambi i genitori), da svolgersi in modalità osservata e protetta. Questa misura ha una duplice finalità:
-
Salvaguardare il diritto del minore di mantenere una relazione con i genitori o altre figure affettivamente significative.
-
Favorire la ricostruzione del legame parentale, evitando che il conflitto o le dinamiche pregiudizievoli compromettano ulteriormente la stabilità
emotiva del bambino.
Gli incontri protetti si svolgono in un luogo terzo, un ambiente appositamente predisposto che possa offrire uno spazio sicuro, emotivamente neutrale, e
distante dal conflitto familiare. Questo setting intermedio è progettato per consentire un'interazione positiva, riducendo al minimo il rischio di riattivare dinamiche
disfunzionali che potrebbero generare ulteriore disagio nel minore.
Gli obiettivi dell’intervento
L’incontro protetto si fonda sul riconoscimento del bisogno/diritto del minore di mantenere, ove possibile, una relazione significativa con entrambi i
genitori, anche in contesti difficili. Gli obiettivi principali includono:
- Garantire la salvaguardia del minore, evitando che venga esposto a situazioni di stress emotivo, manipolazione o conflitto.
- Aiutare i genitori a riconoscere e valorizzare il proprio ruolo genitoriale, superando eventuali rancori personali e concentrandosi sul benessere del
figlio.
- Creare un’opportunità per il genitore che si trova in difficoltà di ristabilire una relazione affettiva sana e positiva con il figlio.
I destinatari
I destinatari di questo intervento sono molteplici:
-
Il minore, al centro dell’intervento, il cui benessere psicologico ed emotivo deve essere prioritario.
-
I genitori, che devono essere supportati nel comprendere e rispettare il ruolo di ciascuno, imparando a gestire il conflitto in modo costruttivo.
-
Le figure affettivamente significative per il minore, che possono essere coinvolte nella rete relazionale del bambino, quando ritenuto opportuno.
Il ruolo dell’operatore
Gli operatori chiamati a gestire gli incontri protetti devono possedere competenze specialistiche e una formazione interdisciplinare, che includa elementi
di psicologia, pedagogia ed educazione. Questi professionisti devono saper lavorare in contesti ad alta complessità, caratterizzati da forti tensioni emotive e dinamiche
conflittuali.
Le loro responsabilità includono:
- Osservare le interazioni tra genitori e figli, documentandone l’andamento per fornire un riscontro all’Autorità Giudiziaria.
- Facilitare una comunicazione rispettosa e centrata sui bisogni del minore, evitando che il conflitto tra i genitori si rifletta sull’incontro.
- Collaborare con i servizi territoriali (assistenti sociali, terapeuti, mediatori familiari) per garantire un approccio integrato e coerente.
Gli operatori devono anche affinare la loro capacità di creare un ambiente sicuro e accogliente, dove il minore possa sentirsi libero di esprimere emozioni senza timore di
giudizio o pressione.
La gestione degli incontri protetti
La gestione degli incontri protetti richiede sensibilità, competenza e capacità di mediazione. Pur rappresentando uno strumento fondamentale per garantire il diritto
del minore alla continuità affettiva, il successo di questi interventi dipende dalla coordinazione efficace tra i servizi e dalla disponibilità dei genitori a
collaborare per il bene del figlio.
In un mondo ideale, gli incontri protetti non sarebbero necessari. Tuttavia, in molte realtà, rappresentano una delle poche opportunità per ristabilire un equilibrio
emotivo e relazionale tra il minore e la sua famiglia, ponendo al centro il diritto del bambino a crescere in un ambiente il più possibile sereno e protetto.
Il caso di Giulia.
La cura dei progetti di affido, soprattutto in situazioni emotivamente complesse, richiede una gestione scrupolosa, empatica e ben strutturata.
Gli incontri protetti tra bambini e genitori biologici, se non organizzati in modo adeguato, possono trasformarsi in momenti di stress emotivo per i minori, minando il percorso di
stabilità che l’affido mira a garantire.
Nel caso di Giulia
(https://www.mammematte.com/2024/11/29/aveva-visto-la-mamma-e-il-pap%C3%A0-insieme-dopo-tanto-tempo-ma-non-era-come-se-lo-era-immaginata/ ) ,
emerge una chiara mancanza di coordinamento da parte dei servizi sociali: l’incontro non si è svolto in un luogo neutro e protetto, ma per strada, dove le dinamiche conflittuali dei genitori si
sono esacerbate davanti a lei. Questo non solo espone il minore a tensioni inutili, ma mina anche la fiducia nei confronti degli adulti di riferimento e delle istituzioni.
Gli assistenti sociali hanno un ruolo cruciale e dovrebbero essere non solo reattivi, ovvero pronti a gestire le emergenze, ma anche proattivi,
anticipando e prevenendo situazioni potenzialmente destabilizzanti. La progettazione di incontri protetti richiede:
spazi sicuri e adeguati: stanze dedicate e supervisionate da professionisti formati.
Mediazione costante: la presenza di figure capaci di gestire i conflitti tra i genitori e favorire un clima sereno per il minore.
Preparazione del minore: spiegare con delicatezza e trasparenza cosa accadrà durante l'incontro, per ridurre l’ansia anticipatoria.
Monitoraggio post-incontro: garantire un follow-up emotivo e comportamentale per cogliere segnali di disagio.
È fondamentale che gli operatori sociali si assumano la responsabilità di garantire che i diritti del minore – alla stabilità, alla serenità e a una
crescita armoniosa – siano prioritari rispetto a ogni altra dinamica. Il rischio, altrimenti, è di creare traumi aggiuntivi invece di costruire ponti per un futuro più stabile.
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