Per il famoso supremo interesse del minore, invento nomi.
Il resto, no, è tutto vero.
Sono mamma affidataria sine die di Mario (nato in Italia ma extracomunitario), moglie di Francesco (non italiano, ma europeo) e madre di due bimbe rompic... ma in gamba, cresciute fra due mondi molto diversi fra loro, il mio e quello del padre.
Nonostante abbiamo scelto di vivere in un paesino piccolissimo dove i vicini fanno le sentinelle dalle finestre, siamo - mio marito ed io- molto orgogliosi di essere una famiglia internazionale, di parlare tante lingue in casa, di ascoltare telegiornali non italiani... insomma ci piace avere il nostro orticello, ma lo abbiamo costruito con una bella vista panoramica e una pista di decollo sempre accessibile.
Poi un giorno abbiamo scelto di aprire le porte del nostro orticello.
Fra le tante cose che ci hanno spiegato al corso di preparazione all'affido delle MammeMatte era che l'affido avrebbe colpito lì dove siamo più deboli.
E l'affido ha colpito, mi ha tolto la pista di decollo e io mi sento soffocare in questo orticello.
E questo perché Mario ha il passaporto scaduto, e il suo consolato da 11 mesi non ci spiega il motivo del mancato rinnovo.
La tutrice, come grande impegno in merito, ha mandato due PEC (a una mail ordinaria!) sollecitando il rinnovo del passaporto.
I servizi hanno chiesto la riapertura del fascicolo solo dopo che io ho indicato loro la strada da percorrere.
E sapete chi mi ha suggerito la strada?
Un Carabiniere (una delle poche persone che si è realmente attivata per aiutarmi) del mio paesino (w i paesini!) a cui mi ero rivolta per valutare la possibilità di denunciare il personale del consolato (si! questo è il grado di esasperazione!).
E questa è sola l'ultima sfida. Ne abbiamo affrontate tante.
Abbiamo raccontato sempre ai servizi l'orgoglio di quella pista di decollo, ma loro prima ci hanno nascosto il decreto con divieto di espatrio, poi hanno dimenticato di dire al giudice che quel divieto doveva essere limato, oggi non sanno come aiutarci.
Oltre a tutte le beghe che Mario deve affrontare derivanti dal fatto di essere un extracomunitario senza documenti (nonostante sia nato qui e conosca solo l'Italia, è un cittadino di serie B in un Paese razzista), ieri le bimbe e Francesco hanno preso quell'aereo che li ha portati dai nonni, perché è giusto.
Ed io sono qui con Mario (che soffre e si sente escluso), piena di rabbia (non avete idea di quanto sia incazzata), perché stanno togliendomi tempo con la mia famiglia, tempo con le mie figlie e banalmente la possibilità di essere chi sono.
E voglio bene a Mario.
È figlio.
Ma mi stanno costringendo ad anteporre Mario alle mie figlie bio,
a mio marito e alla sua famiglia
e a me stessa
e all'idea di famiglia che riconosciamo come nostra.
Mi stanno costringendo perché, in fondo, Mario è solo un fascicolo in un sistema legale e burocratico lento e miope.
Sarebbe così assurdo oggi chiudere le porte del mio orticello? O pentirsi di averle aperte?
E sapete qual è la paura più grande? E se, per la rabbia, sdradicassi anche una sola delle piantine così faticosamente curate in questi anni?
Tutto per un banalissimo passaporto.
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Tatiana (mercoledì, 03 gennaio 2024 23:41)
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